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UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Italian Union of Rationalist Atheists and Agnostics)
Presidenti onorari: L.Balbo, C.Flamigni, M.Hack, D.Mainardi, P.Odifreddi, P.Omodeo, F.Papi, V.Pocar, E.Rosini, S.Staino.
Membro associato IHEU (International Humanist & Ethical Union - London) e EHF-FHE (European Humanist Federation - Brussels)

COMMENTI, LETTERE, CRITICHE, TESTIMONIANZE e altri contributi di vario genere

In questo spazio riportiamo contributi di vario genere arrivati a bologna@uaar.it.
La pubblicazione è a nostra discrezione, i contenuti rimangono dei rispettivi estensori.

Indice :


  • L'apartheid che già esiste nella scuola italiana: lettera aperta a Famiglia Cristiana
    di Roberto Grendene (pubblicata il 7/11/2008)

    Spett.le Famiglia Cristiana

    Non sono un vostro lettore, ma vostre recenti prese di posizione, riportate su vari mezzi di informazione, hanno attirato la mia attenzione.
    In particolare la vostra dura critica all'ipotesi di classi differenziali nella scuola.
    Così mi sono letto l'articolo Si dice "classi ponte" leggasi "classi ghetto" sul vostro sito internet.
    Non entro nel merito, su diversi punti sono d'accordo con ciò che dite.
    Quello che mi interessa farvi osservare é che mentre tuonate contro future "classi ghetto" e rischio "apartheid", queste cose già ci sono, e da tempo, nella scuola italiana.

    Capita ogni settimana.
    Gli alunni, dai tre anni di età, per due ore la settimana (che si riducono ad una sola a partire dalla scuola media) vengono divisi in base alle scelte spirituali dei loro genitori.
    Da una parte i figli di genitori cattolici o, più delle volte, di genitori che seguono la maggioranza per disinteresse o nel timore di civ che altrimenti può capitare ai propri figli. A questi alunni viene garantita un'aula, un insegnante pagato dallo stato ma scelto dal vescovo, un programma didattico elaborato dalla CEI.
    Dall'altra parte i figli di genitori atei e agnostici, di altra religione, o semplicemente genitori che ritengono fuori luogo sottoporre i propri figli (ripeto, dai tre anni di età) all'insegnamento di una religione per due ore la settimana dentro le mura scolastiche. Genitori che ritengono cioè la scuola un luogo per pensare, non per credere.

    Da genitore di due bimbi delle elementari che frequentano la cosiddetta "ora alternativa" e non l'insegnamento della religione cattolica, conosco le difficoltà che si incontrano per ottenere questo insegnamento, che e' un diritto per genitori ed alunni e un dovere per la scuola.

    Da attivista dell'UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ho contribuito a realizzare il progetto "ora alternativa" (www.oraalternativa.it), all'interno del quale riceviamo continue segnalazioni di discriminazioni ai danni degli alunni i cui genitori hanno chiesto attività didattica e formativa al posto della religione cattolica. Raramente la scuola la propone e la garantisce: spesso i bimbi sono accorpati in classi dove si svolge la normale lezione o messi nel corridoio, e sui genitori viene fatta pressione per spingerli ad accettare le ore di religione cattolica. Il nostro sostegno, morale e legale, ha in diversi casi risolto positivamente una situazione di palese discriminazione.

    Non é solo l'UAAR a chiedere la cancellazione dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Sono anche confessioni religiose diverse dalla cattolica, e pure movimenti cattolici come Noisiamochiesa. L'UNICEF, in un rapporto del 2003, ha espresso preoccupazione per la possibile emarginazione dei bambini che si astengono dall'insegnamento religioso [1].
    La religione, o meglio le religioni e le concezioni del mondo non confessionali, potrebbero benissimo essere trattate all'interno dei programmi di storia, filosofia, italiano, geografia. E naturalmente, essendo a scuola, da un punto di vista oggettivo e critico, al pari di ogni altro oggetto di studio.

    Avrete la coerenza di tuonare anche contro questa discriminazione non razziale ma su base religiosa?
    E' in atto da parecchi anni, sapete, e con la riforma Gelmini la situazione rischia di peggiorare.
    Roberto Grendene

    Genitore di due bimbi felicissimi di seguire l'ora alternativa
    Membro di Consiglio di Istituto a Casalecchio di Reno (BO)
    Membro del Comitato di Coordinamento dell'UAAR, Associazione di Promozione Sociale iscritta al Registro Nazionale presso il Min. Solidarietà Sociale

    [1] Il Comitato sui diritti dell'infazia UNICEF, nelle Osservazioni conclusive 2003 rivolte all'Italia rileva:
    (Diritti civili e politici - Libertà di pensiero)
    «Il Comitato esprime preoccupazione relativamente al fatto che, come indicato nel rapporto dello Stato parte, i bambini, soprattutto nelle scuole elementari, possano essere emarginati se si astengono dall'insegnamento religioso, incentrato essenzialmente sulla confessione cattolica. Inoltre, il Comitato esprime preoccupazione per il fatto che i genitori, in particolar modo quelli di origine straniera, non sempre sono al corrente della non obbligatorietà dell'educazione religiosa.[...] II Comitato raccomanda che lo Stato parte assicuri che i genitori, in particolare quelli di origine straniera, quando compilano i relativi moduli, siano a conoscenza della non obbligatorietà dell'educazione religiosa cattolica.»

  • BuonNatale
    di Giovanni Sicuranza (pubblicata il 25/12/2007)

    È natale si sorride
    splendenti di
    occhi pandorati
    e parole zuccherate

    È natale si bonifica
    la maschera con pensieri
    di fratellanza sorellanza
    e fors'anche cuginanza

    È natale ma siate lesti
    a capire che non
    è come dire
    consumismo o

    frenesia cosa mai
    andate a
    pensare no
    È un raccogliersi
    mesto e povero
    sotto l'ombra
    del giaciglio di
    un piccolo bimbo
    nato eterno
    e della sua
    lunga luce
    sui pallori
    della vita terrena

    È il giorno del cristo
    nato e mai nato
    morto e risorto chissà
    poi perché Amen

    No scusate se non
    mi illumino con voi
    fratelli e sorelle
    e cugini e amici
    nuovi e tanti

    Non è natale semmai
    festa del sole invictus
    dal natale rapita

    Rito antico e contadino
    alla natura visibile
    alla vita concreta
    di nascita e morte
    al mondo terreno
    di oggi e domani
    al sesso della terra e
    ai suoi frutti fecondi

    Cos'è questo natale
    fratelli e sorelle
    e cugini e amici
    nuovi e tanti
    se non titolo usurpato
    ad antiche usanze per
    menzogne di morte
    e promesse di paradiso
    e angosce di inferni

    Cos'è questo natale
    fratelli e sorelle
    e cugini e amici
    nuovi e tanti
    se non inizio vorace
    di sollievo nel dolore
    nel buonismo perpetuo
    nel vogliamoci bene
    almeno per oggi
    perché lo urla la croce
    di un bimbo che nasce

    Non ho più amici
    di ieri o domani
    fratelli e sorelle
    e cugini e amici
    nuovi e tanti
    perché oggi
    mi dite e cantate
    è natale buon natale
    Ma sento allucinazioni
    più fugaci di ieri
    sui vostri simboli
    osannati e violenti

    nei vostri sguardi
    di passione sprecata
    per una vita eterna
    sopra i piaceri di terra
    e corpi e parole

    È natale buon natale

    Vogliatevi bene
    voi che in lui
    credete voi
    che sempre potete

    Che gli altri stolti
    periscano trafitti
    dalla vostra croce
    oggi come in passato

    coscienze buie
    spezzate e cadute
    di blasfema ragione

    O siano compatiti
    dal vostro verbo
    placido e forte

    come coloro
    che mai davvero
    vedranno
    luci fulgenti

    in questo
    tenebro mondo
    dal Credo
    accecato
    e per Grazia
    violentato

    Giovanni Sicuranza, medico legale, scrittore, socio UAAR


  • Interrogatorio da parte di un insegnante di religione cattolica agli studenti dell'ora alternativa
    Testimonianza di una nostra socia, fatto accaduto ad inizio anno scolastico 2006/2007 in provincia di Bologna (11/10/2006)

    Mia figlia frequenta la prima media e si avvale dell'attività didattica alternativa all'IRC insieme ad altri 7 compagni/e di classe (su 20).
    L'IRC e' tenuto da un laico che, al primo incontro, trattenendosi con tutta la classe qualche minuto in più per un ritardo dell'insegnante di "alternativa", ne ha approfittato per sottoporre gli 8 ragazzini che non avevano optato per l'IRC ad un interrogatorio di fronte alla classe.
    Ognuno individualmente è stato chiamato a spiegare perché non avesse optato.
    I ragazzi, chiaramente imbarazzati, hanno per lo piu' detto "perche' e' una scelta dei nostri genitori"; mia figlia ha risposto che lei non è cattolica.
    E' arrivato il turno di un ragazzino che ha detto di non fare IRC perchè è ateo. E l'insegnate ha risposto che "non è possibile un'affermazione del genere per un ragazzo di 11 anni..."
    L'insegnante, inoltre, ha controllato più volte il suo registro, ripetendo che la cosa non quadrava, perché "8 su 20 sono troppi".
    Il fatto, gravissimo, sarà probabilmente portato in consiglio di istituto.



  • Etica ed informazione. Lettera aperta a Piergiorgio Welby di Giovanni Sicuranza, socio UAAR (26/9/2006)

    Egr. Sig. Welby.

    Ha mostrato la sua dignità ad occhi di spettatori affascinati dal tele-sensazionalismo.

    Ho seguito ai telegiornali la sviluppo dei servizi successivi al suo appello al Capo dello Stato.
    Ho ascoltato il reiterato nulla dei politici, tele-omnipresenti in simbiosi con i ministri del culto, attesi come massimo punto di riferimento della società.

    Noto senza stupore che ancora una volta manca l'informazione.
    E gli schermi brillano di emotività superficiale e globale.

    Accanto alla sua scelta, ho visto andare in onda il messaggio di chi, con altrettanta dignità, decide di continuare a vivere nonostante la grave menomazione.
    Più precisamente, questa volontà di vita, lanciata cronologicamente dopo la sua richiesta di morte, è quella che al momento chiude i servizi sull'eutanasia, alternata alle frasi assolutistiche dei vescovi intervistati. Ovviamente, servizi brevi, più brevi delle apologie sul calcio e sui monologhi del Papa che la televisione spalma quotidianamente.
    In questo modo le ultime parole a memoria del telespettatore sono quelle che ritraggono l'aspetto emotivo e sacrale della vita ad ogni costo.
    E il desiderio di morte per una vita dignitosa si annebbia.

    Allora, eccomi sfiorare la sua attenzione e in parte quella dei media con una riflessione, breve. Più breve dello spazio occupato dalle lettere che riempiono riviste su telequiz, idoli di calcio e spettacolo e tele-imbonitori vari ed eventuali.

    L'etica religiosa, nella fattispecie quella cattolica, nonostante le sue pretese, non può essere universale. Riguarda un ristretto gruppo di fedeli, che ha una visione diversa dall'ateo, dall'agnostico e, in generale, da un razionalista. Così come dai fedeli di diverse religioni.
    Ha altri deficit, ben evidenti ad un'analisi approfondita, ma al momento basta questa considerazione per tornare all'eutanasia.
    Individuale.
    Scelta e vissuta nell'intimo.
    E per saltare su un piano successivo, che prescinde dallo stesso discorso etico.
    Compito di uno Stato laico è garantire con leggi adeguate il diritto alla scelta individuale su tematiche importanti come la vita e la sua naturale e necessaria conseguenza, la morte.
    Una regolamentazione sull'eutanasia non obbliga all'eutanasia, ma permette all'uomo la libertà di decidere la propria dignità nel rispetto delle leggi.
    Non assolute, dogmatiche. Ma pratiche, tecniche.

    Lasciare che sia il dogma religioso a decidere per tutti, significa porre sullo stesso piano il peccato e il reato, unire la morale teologica alle decisioni legislative.
    Significa discriminare chi per vari motivi non sente sua quell'etica.
    E vivere di dogmatica passività in uno stato teocratico.

    Almeno questa riflessione, in fondo ovvia, ma taciuta dai media e dai politici, sarebbe stata auspicabile.

    Con stima personale.

    Giovanni Sicuranza, medico legale. Socio UAAR


  • Catodica santità di Giovanni Sicuranza, socio UAAR

    Questa sera (27 agosto 2006) l'echeggiare mediatico segna un altro punto a favore della mirabilis sintesi papalina.
    Tra bisbigli di stoviglie e ruminazioni mandibolari, assidue forse per mancanza di quelle cerebrali, l'attuale pontefice ha rivolto un pietistico pensiero a tutte le mamme preoccupate per i figli "scapestrati". Tralasciando il significato di scapestrato nell'idioma "cattolichese", il conforto per queste "spose e madri" è ovviamente rivolgersi a Dio, nell'esempio della santa di turno.

    Tra gli sguardi ammirati dei presenti, sui quali le telecamere si strusciano in commossi primi piani (il primo piano amplifica il particolare e nasconde il numero delle persone), giunge accorata la soluzione del summo pater. E, ancora una volta, una santa è indicata come altare del senso religioso popolare, come figura da imitare, come presenza iconografica e mentale a rapido uso della massa.
    Spargere santi per celebrare e fortificare la religione nell'antica e mai sopita superstizione paganeggiante del credente è una tattica che si dimostra vincente. Gregorio Magno insegna, Giovanni Paolo II modernizza e amplifica. Avere un santo a cui rivolgersi, uomo o donna che sia, soddisfa l'esigenza di culto immediata e permette alla comunità di avere idoli più comprensibili di astratte divinità.
    In questo caso, il messaggio è rivolto alle madri e la santa da prendere come riferimento, nella comunione intorno a Dio, è già pronta all'uso.
    Nello stesso tempo la figura di umana santità rafforza il messaggio solo apparentemente lasciato tra le righe della solennità papale. La donna è "sposa e madre".
    Ancora e solo.
    La donna non è donna, la donna non è compagna. Forse la donna non è nemmeno zia?

    Mentre il giornalista declama senza nemmeno un anelito critico il discorso del papa, mi chiedo quale santo si dovrà mai affittare per citare anche i padri afflitti da figli scapestrati. Forse il papa non ne ha accennato perché gli mancava l'esempio, forse perché un padre non deve preoccuparsi del comportamento del figlio.
    Forse perché al caro Benedetto interessava solo ribadire con la forza di un esempio il ruolo passivo della donna nella famiglia e nella società.

    Mentre queste mie domande scuotono silenziose il dogma del televisore, mentre il filmato si dilunga sugli occhi serrati del santo padre, lui così afflitto per le sorti di noi miserrimi peccatori, lo sguardo sorvola la sigla brillante in fondo a destra.
    "TG", informa. Credevo stesse per "TeleGiornale", ma forse vuol dire "TeocraticoGiornale".


  • (6/8/2006) «quale mio iniziale contributo, un racconto scritto di getto dopo avere appreso dall'attuale pontefice che le unioni non fondate sull'amore eterosessuale nel vincolo del matrimonio religioso sono deboli.»

    Eccomi di Giovanni Sicuranza, socio UAAR.

    Eccomi.
    Scusa la caduta di questo esordio, senza respiro di carezze. Da quando ci permettono solo incontri fruscianti sulla carta non riesco ad aprirmi come prima.
    Eccomi non è comunque meno importante di "mio caro" o "mio amato".
    Anzi, mi tiene fermo sulla terra, mi lascia il ricordo di un sapore, quello di esistere.
    Eccomi ancora per poco, ma
    l'inchiostro scivola veloce su questa carta, i miei pensieri si affannano dietro il suo percorso.
    E io ho occhi già spenti.
    Tu conosci il vento della mia carne, lo hai assaporato di passione.
    Una passione che abbiamo chiuso nella solitudine dei sospiri solo per quanto ti è accaduto.
    Io ora sono insonnia sospesa nell'attesa del verdetto.
    Ho pregato fino a questa notte. A differenza di te, lo so.
    Anche a distanza vedo le gocce di vita sul tuo volto, ascolto il gioco frizzante nei tuoi pensieri.
    Mi hai reso forte, oltre le mie fragili sicurezze d'ombra, ma ora che non ci sei, ora che il nostro amore lontano pretende i suoi ricordi per baciarli, annusarli, amarli e riviverli, ora io
    eccomi, mio caro.
    Un'ultima volta a te, prima del nulla.
    Abbiamo rifiutato le convenzioni stese sulla vita come piatto asfalto per scoprire ogni ciottolo del nostro sentiero.
    Sai che per te sono stato allontanato dalla famiglia.
    Mormorato e non più ascoltato.
    Però ho pregato, per la forza che mi dava il nostro amore nell'abisso dei pensieri.
    Ed ora, da mesi, non sento più il tuo odore.
    La casa è muta penombra che scende fino al pavimento e copre ogni angolo, fino alla mia mente.
    Scusa, amore, sta diventando buio. Non ricordo nemmeno più quanto farmaci ho preso.
    Io ho dato tutto me stesso e so che tu sei stato semplicemente
    tu
    come sei.
    Per me.
    Sei un uomo forte, lo credo ancora, anche se ti hanno chiuso nel silenzio di un ospedale condannato a scontare una vita da sieropositivo.
    Hanno soppesato prima te, poi hanno socchiuso gli occhi su di me; infine con maschere di lontana compassione ti hanno informato che rientri tra le categorie a rischio.
    Tu sorridevi.
    Prima di scoprire la tua nuova sessualità hai lasciato una moglie che ha disseminato amanti virili senza prendere precauzioni.
    È stata l'ultima volta che ti ho visto.
    Voglio solo scriverti ancora che io so, e che ti sono vicino, anche se il mio respiro finisce. Anche se non ho l'aiuto della mia famiglia, della mia comunità.
    Nemmeno di colui che ho sempre pregato.
    Sì, l'ho sentito parlare un'ultima volta. Mi ha condannato.
    Ha detto che l'amore di tutte le coppie non unite in matrimonio è debole.
    E ha precisato che quello delle coppie omosessuali è contro Dio.
    Il nostro amore urlato era dunque debole per tutti.
    Ed io ho pregato un dio che mi è nemico.
    Il Papa lo ha capito e lo ha annunciato al mondo.
    Ora sono davvero solo. Debole senza te.
    Vado via, amore mio.
    E, ancora, ti saluto nell'unico modo che mi lascia concretezza mentre già si dissolvono le illusioni.
    Fino a quando sarai,
    eccomi.


  • (2/8/2006) Un nostro socio propone di aggiungere una croce alla copertina della nostra rivista?
    Leggere di seguito per scoprire perche'...
    aggiungere una croce sulla copertina de L'Ateo 4/2006


  • (2/8/2006) Riceviamo la seguente mail inoltrata all'UAAR nazionale.

    A proposito dello "sbattezzo", leggendo cosa ne scrivete, devo dire che mi fate intellettualmente pena.
    dott. xx yy
    spec. in Anestesia e Rianimazione
    dipartimento Benessere Materno e Infantile
    policlinico universitario S. Orsola-Malpighi - Bologna

    Questa nostra risposta:

    Buongiorno dott. yy.
    Una critica piu' puntuale sarebbe stata più interessante del suo sprezzante commento.
    Se si e' sentito in dovere di farlo, potrebbe essere perche' ritiene troppo "morbide" le posizioni dell'UAAR al riguardo, oppure perche' le ritiene insensate.
    Opto per la seconda ipotesi.
    Cito il passo piu' importante della scheda sull'argomento in oggetto presente sul nostro sito web:
    «PERCHÉ CANCELLARE GLI EFFETTI DEL BATTESIMO? Non certo per fare un contro-rito vendicativo: nessuna associazione laica lo riterrebbe una cosa seria. Ci sono invece motivazioni ben più importanti: per coerenza: se non si è più cattolici non vi è alcuna ragione per essere considerati ancora tali da chi non si ritiene più degni della propria stima;[...]»
    La scelta di procedere alla cancellazione degli effetti civili del battesimo (il cosiddetto "sbattezzo") e' considerata dall'UAAR una scelta personale, che puo' essere esercitata da chi ritiene importante comunicare la propria volontà di non essere più considerato aderente alla Chiesa Cattolica.
    Non capisco quale pena intellettuale susciti in lei una semplice comunicazione del tipo "non consideratemi piu' dei vostri, ho una concezione del mondo di tutt'altro genere".
    Dovrebbe essere ricevuta con il rispetto che si deve di chi dimostra onesta' intellettuale.
    Se posizioni intellettualmente penose ci sono, invece, io le ravviso nel considerare appartenenti alla propria confessione religiosa una moltitudine di finti fedeli.
    Saluti
    Roberto Grendene
    Circolo UAAR Bologna
    bologna@uaar.it


  • Un caso pratico di sbattezzo
    Molto in sintesi, "sbattezzarsi" ha un valore personale e di bonifica statistica: non sentirsi piu' considerato e non essere conteggiato in nessun modo tra gli appartenenti alla chiesa cattolica, alla quale il piu' delle volte si e' stati "iscritti" contro la propria volonta', quando di era ancora in fasce (con il battesimo).
    Riportiamo parte di una gradita lettera del 10/5/2005, destinata all'UAAR e al nostro Circolo da un sostenitore:

    Vi scrivo per informarvi che quest'oggi mi è arrivata la raccomandata in cui la Curia di Bologna e la parrocchia presso cui sono stato battezzato, prendono atto della mia volontà di non fare più parte della chiesa cattolica
    Volevo innanzitutto ringraziarvi per avermi dato l'opportunità di compiere tale passo grazie alla documentazione da voi fornita, documentazione che ho divulgato or ora anche a tutta la mia "mailing list"


    Informazioni e lettera-tipo da inviare per raccomandata A/R alla parrocchia in cui si e' stati battezzati puoi trovarle qui.
    Qui potrete consultare un esempio di cio' che dovrete ricevere dalla parrocchia e dalla Curia




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